A mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del cosiddetto Ecobonus 110%, i dubbi in merito alle modalità e ai requisiti di accesso sono ancora tanti e da più parti sono arrivate richieste di chiarimento al legislatore e all’Agenzia delle Entrate.
A complicare ulteriormente le cose hanno contribuito la quantità di documenti necessaria per avviare la pratica e le voci su possibili modifiche alla normativa che si sono rincorse negli ultimi tempi. Se potenzialmente sono milioni gli italiani interessati all’agevolazione, sono in pochi quelli che sono effettivamente riusciti ad usufruirne.
Con questi presupposti, la consulenza del commercialista può – anzi, deve – assumere un’importanza centrale nella gestione dell’iter di accesso al bonus. Vediamo come.
Ecobonus 110: la posizione del CNDCEC sulla cessione del credito
Nelle scorse settimane, a pochi giorni dal termine (prorogato al 31 marzo) per l’invio delle comunicazioni sulle spese del 2020, il mondo della contabilità è stato scosso dalla bufera sorta intorno all’utilizzo di peculiari piattaforme da parte degli istituti bancari a proposito della cessione del credito d’imposta e dello sconto in fattura previsto dall’Ecobonus 110%.
Nella sostanza, a scatenare il caos è stato il tentativo, da parte di alcune banche, di indirizzare i clienti su specifiche piattaforme di società di consulenza, complicando ulteriormente la vita a chi desiderava accedere ai benefici fiscali previsti dal bonus in questione.
Nella discussione è intervenuto il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (CNDCEC) Massimo Miani, che ha ricordato come il Consiglio abbia già provveduto a fornire agli iscritti «un quadro d’insieme dei controlli che devono essere effettuati ai fini dell’apposizione del visto di conformità sull’apposita comunicazione da inoltrare all’Agenzia delle Entrate per attestare la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta».
Circa l’acquisto del credito di imposta da parte delle banche, Miani ha sottolineato che queste «non possono porre limitazioni ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge in merito alla libera scelta da parte del cliente del soggetto che andrà ad apporre il visto di conformità».
Le banche, dunque, non possono imporre ai clienti una piattaforma specifica.
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