Nel luglio del 2015 il CEO di Accenture, Pierre Nanterne, annunciava la morte del Performance Management tradizionale: ovvero il “classico” processo con un colloquio una tantum nel corso dell’anno, magari esteso e incrementato da limitati, episodici e ritualizzati incontri di setting, o di avanzamento, fra capo e collaboratore, “giocati” nel campo di una scheda articolata su diversi elementi (obiettivi, competenze ecc.).
Sicuramente l’annuncio della fine del Performance Management “tradizionale/classico” può definirsi un po’ troppo prematuro e “organizzativamente” avventato, nel senso che sottostimava il valore che all’organizzazione, e alle persone che ne fanno parte, questo strumento, quando correttamente pensato ed utilizzato, può dare.
Tuttavia questo annuncio, e più ancora l’evento organizzativo a esso correlato, insieme ai risultati del 2019 Global Performance Management Study di Mercer che mostrano come solo il 2% delle aziende, nel mondo, ritenga che il proprio processo di performance management generi un alto valore organizzativo, indica con assoluta certezza una cosa: il complessivo processo di gestione delle performance delle risorse umane aziendali deve essere ripensato.
Ripensarlo soprattutto alla luce di tutti quegli avvenimenti e – forse – conseguenti apprendimenti organizzativi che il business e le persone hanno conosciuto a partire dal 2020 e che brevemente e in maniera “brutalmente” riduttiva possiamo chiamare pandemia.
La domanda allora è: come ripensarlo?
Il continuous feedback a supporto del Performance Management
La letteratura organizzativa e l’esperienza sul campo ci indicano che il cuore del problema stia nel fatto che adottare solo sistemi di performance management di tipo classico/tradizionale porta a focalizzarsi quasi esclusivamente sull’analisi della performance passata, invece di fornire i riscontri, il supporto, le “risorse” e l’orientamento necessari a migliorare la performance nel futuro.
Alla luce di ciò, per creare una migliore strategia aziendale di gestione delle performance delle proprie risorse umane diventa fondamentale integrare, rendere complementari, far convivere fianco a fianco e sinergicamente il proprio sistema di performance management di tipo classico/tradizionale e il processo di continuous feedback.
Per continuous feedback si intende una strategia di gestione delle risorse umane volta ad incoraggiare, facilitare e ottimizzare lo scambio di feedback su base continuativa sia fra responsabile e collaboratore sia, in una logica peer-to-peer, fra colleghi.
L’adozione di un approccio di continuous feedback permette il conseguimento dei seguenti benefici.
Guida la crescita delle risorse umane aziendali
Infatti implementare un sistema di continuous feedback facilita lo svolgimento di conversazioni regolari e ricorrenti.
Fornisce un confronto di tipo “real time”
Grazie ad interazioni aperte e sincere e a indicazioni concretamente operative in quanto calate nel contesto reale di confronto quotidiano, il continuous feedback aiuta a indirizzare criticità e a rimuovere barriere prima che queste divengano problemi minaccianti il successo di gruppi, team, progetti, processi e dell’intera azienda.
Facilita la creazione di relazioni organizzative più “vere”
Il feedback richiede “vulnerabilità” sia da parte della persona che lo dà, sia da parte di chi lo riceve. Il “mittente” del feedback deve avere il coraggio di condividere, fare partecipe l’altro delle proprie osservazioni e considerazioni, laddove il “destinatario” deve essere aperto ad ascoltare le opinioni di qualcun altro sulle proprie performance, i propri comportamenti. Però è precisamente questa “area di vulnerabilità condivisa” che genera sicurezza psicologica, ovvero il convincimento che un individuo non sarà “punito” per le proprie idee, domande, limiti o errori e questo perciò aiuta a creare relazioni organizzative più “vere” nel contesto lavorativo.
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